La celebre commedia di Edoardo Erba, messa in scena per la prima volta in lingua napoletana, affronta un tema quanto mai attuale: la crisi dei teatri sempre più sacrificati per fare spazio a lucrosi mega supermercati. Tra esilaranti scambi comici e momenti di profonda riflessione, una storia di amicizia, rivincita e conflitti sociali che è un inno d’amore al teatro.

In una notte infinita e sospesa, due muratori sono al lavoro per chiudere con un muro il palcoscenico di un teatro in disuso: l’area è stata ceduta al supermercato confinante che deve ampliare il magazzino. È un abuso, bisogna lavorare in fretta, e i due si impegnano con tutte le loro forze per finire prima che venga il giorno. Ma il teatro è un luogo magico, e profanarlo significa scatenare presenze nascoste, irrazionali, capaci di scavare voragini di emozioni nel cuore dei due ignari manovali. E così i due muratori sono protagonisti dell’incontro con una enigmatica e sensuale signorina Giulia che scompiglierà il loro destino e quello del teatro.

 

NOTE DI REGIA
In una notte sospesa e infinita due muratori si insinuano illegalmente in una sala teatrale al confine con un supermercato per realizzare un muro abusivo. Il fine è quello di allargare gli spazi del contiguo esercizio commerciale su mandato del proprietario del palazzo che contiene i due locali. Ma la magia di quel luogo che sta per essere violato vive rappresentandosi in presenze presunte, rumori sinistri, luci irregolari, inducendo perplessità e domande nelle menti e nei cuori dei nostri due anti-eroi.
Quando poi si palesa un’incantevole figura di donna, tale signorina Giulia, che appare ora all’uno ora all’altro, ecco che Germano e Fiore nella più assoluta inconsapevolezza, quasi prede di un sortilegio, accennano a citazioni di parole testi e immagini che rimandano al luogo che stanno abitando in quella strana notte.
E i due poveri lavoratori, cui la notte e la stanchezza avevano già offerto il destro per parlare dei massimi sistemi pur sempre in coerenza con la loro identità, si confrontano anche duramente fino addirittura a creare i presupposti per scombinare il sodalizio edile che avevano cercato di avviare, lasciando sul terreno di quella contesa i rottami delle rispettive esistenze.
Rottami che poi sono anche i rottami di quell’abusivo muro che stanno realizzando e che scopriremo se riuscirà a diventare impresa compiuta. È il teatro che prova a sopravvivere sublimando se stesso in un viaggio infinito che vale proverbialmente più della meta.

Il testo di Edoardo Erba naviga tra rigogliosi orizzonti di concreta e raffinata comicità e, mai disdegnandole anzi sublimandole, piccole sorprendenti e sostanziali soste in acque che demandano ad un’acuta riflessione sulla condizione umana.
E se nella nostra lettura, la retorica potrebbe rappresentare facile inciampo, è nostro desiderio provare a denunciare che, se è vero come è vero, che il momento pandemico in essere costringe ad una crisi della cultura (di cui il Teatro è solo fra le più alte rappresentazioni), è pur vero che l’Autore già nel 2002 ci segnalava che c’era chi desiderava che la cultura fosse murata in un supermercato.
Ed è quindi sempre nostro compito provare, con umiltà, ad essere quella signorina Julie che crea le condizioni affinché i muri non si sostituiscano ai sipari.